Geologia del territorio di Pontinia

Gli articolidi questa sezione sono estratti dalla guida storico.turistica della città di Pontinia realizzata dalla PRO-LOCO nel 2000. In partcolare l’articolo è stato redatto dal geologo dott. Daniele Raponi.

I terreni più superficiali che oggi affiorano in Pianura Pontina sono di formazione molto recente (età quaternaria: da 1.8 milioni di anni fa ad oggi); questi depositi terrigeni dai monti Lepino – Musoni, si estendono fino all’attuale linea di costa. Si tratta prevalentemente di sedimenti continentali fluvio – lacustri, eolici e piroclastici, ovvero, terreni generati in un bacino (Graben Pontino), trasportati da fiumi e vento, o lanciati verso il lago stesso da vulcani vicini (Vulcano laziale e Colli Albani).Numerose informazioni suggerite da pozzi di perforazione, sondaggi profondi, indagini geofisiche e studi gravimetrici, hanno contribuito a fornire un quadro abbastanza completo della storia geologica dell’intera regione.
La Pianura Pontina è situata in corrispondenza di un’antica “Zona di Transizione”, ovvero di un’area che fungeva da passaggio tra l’ambiente tropicale di acque basse della “Piattaforma Carbonatica” (attuale Monti Lepini), e una zona di mare più profondo posta in coincidenza dell’odierna fascia litorale fino al Mare Tirreno.
I Monti Lepini sono il residuo, come gran parte dell’Appennino laziale – abruzzese, di un ormai perduto ambiente caldo tropicale, tipo le Bahamas di oggi; erano presenti in quest’area una miriade di organismi tropicali adatti all’ambiente acquatico di piattaforma, estremamente ricco di vita e caratterizzato dalla presenza delle scogliere.
Organismi come Rudiste, gasteropodi, foraminiferi e alghe calcaree, sono tra i principali costituenti organogeni delle rocce carbonatiche che oggi formano l’ossatura dei Monti Lepini. “Piattaforma Carbonatica”, quindi, proprio per via del tipo di rocce che si depositavano un tempo e che oggi costituiscono i rilievi calcarei dei Lepini. Dalle acque basse della piattaforma si passava verso occidente alle aree marine caratterizzate da una batimetria molto più profonda. L’area pontina cade proprio a cavallo, come detto, di questa vecchia transizione batimetria dove si depositavano sedimenti e rocce di transizione, completamente diverse rispetto a quelle della piattaforma. Questi depositi oggi li ritroviamo a profondità molto elevate, al di sotto della fascia costiera tirrenica, messi in evidenza dai Pozzi profondi di Fogliano.
L’ambiente di piattaforma carbonatica e di transizione al mare profondo, perdurò per un intervallo di tempo molto lungo (per tutto il Giurassico, il Cretacico e il Paleogene: da 205 fino a 25 milioni di anni fà), e terminò solo con il sollevamento e la definitiva formazione della catena appenninica nel Miocene (da 25 a 5 milioni di anni fa); la configurazione geologica e morfologica dell’intera regione assunsein seguito un aspetto completamente diverso da quello precedente.
Successivamente, nel Pliocene (circa 5 milioni di anni fa), inizia gradualmente una diversa fase geologica che culminerà con l’abbassamento e la distensione (allargamento) dell’intera area tirrenica, compresa quella Pontina. Tutti i Monti Lepini, subirono un processo di frantumazione molto pronunciato che causò l’abbassamento lento e graduale di interi settori della catena appenninica. Tale processo di “sprofondamento” si è originato, sviluppato e addirittura intensificato lungo delle superfici di minor resistenza, le faglie. Si deve immaginare che grandi zone degli Appennini siano state abbassate come tanti gradini in corrispondenza di queste grandi lacerazioni.
Ancora oggi l’intera area pontina, anche se per un insieme di varie cause, risente fortemente di un lento ma continuo processo di abbassamento del terreno, che va sotto il nome di subsidenza.
E’ da sottolineare come questo fenomeno, dopo la bonifica del 1933, abbia subito un’accelerazione a causa dell’allontanamento delle acque paludose e del conseguente costipamento dei terreni ( in particolare delle Torbe).
Le torbe sono depositi organici di origine palustre provenienti dalla degradazione di resti vegetali, che per ossidazione si comprimono, favorendo così il processo di subsidenza. Nella zona Pontina, la fama di questi sedimenti è tristemente nota, poiché dove è riconosciuta la presenza delle torbe, difficilmente una costruzione può essere edificata, a meno di costi esagerati.
La subsidenza dell’area ha permesso, nel tempo, l’accumulo di grandi spessori di sedimenti (argille, limi, sabbie, conglomerati, torbe, depositi vulcanici ecc.); questi depositi terrigeni giacciono oggi al di sopra delle rocce “ appenniniche” che si trovano a profondità variabile tra i 100 e i 1000 metri. Non è facile ricostruire e descrivere nei dettagli, la storia geologica dell’area pontina negli ultimi 1 – 2 milioni di anni, poiché essi sono stati caratterizzati dall’alternarsi di periodi freddi, nei quali si formano grandi ghiacciai in vaste aree della Terra, e periodi nei quali il clima fu simile a quello attuale o addirittura più caldo.
Quando parte dell’acqua degli oceani rimase sui continenti a formare le distese di ghiaccio, il livello marino si abbassò e con esso il livello dei fiumi e dei bacini lagunari – palustri. Al contrario, quando il clima migliorava i ghiacciai si scioglievano ed il livello del mare risaliva.
Nel Pleistocene inferiore (circa 1.81 milioni di anni fa) la Pianura Pontina era un golfo marino con un’isola (Il Circeo); nel Pleistocene medio – superiore (circa  200.000 anni fa) il mare progressivamente regredì nella zona favorendo la formazione di un ambiente lagunare – palustre; durante il Pleistocene superiore ( circa 50.000 anni fa) il mare subì una nuova forte regressione, abbandonò gran parte delle terre emerse e la Pianura Pontina ebbe la possibilità di rimanere al di sopra del livello del mare; infine nell’Olocene ( in tempi recenti) il mare invase di nuovo la zona Pontina facendo assumere all’area quell’aspetto paludoso, in continuo abbassamento, favorito dalla subsidenza.

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