Le risorse della palude pre-bonifica

Lo sfruttamento delle risorse della palude e delle genti appartenenti alle comunità lepine ma – soprattutto – provenienti dalla ciociaria, dall’Abruzzo e dal nord della Campania, davano origine a fenomeni migratori stagionali nei periodi autunnali, invernali e primaverili. La palude, in queste stagioni, vedeva un incremento della presenza umana in quanto le condizioni erano favorevoli alla pratica di diverse attività (vedi riquadro nella pagina) complementari a quelle svolte nelle terre d’orgine. Alla vigilia della stagione estiva quando la zanzara anofele (portatrice della malaria) aveva il suo massimo sviluppo, la palude, tormentata dagli insetti ed attanagliata nella morsa del caldo umido tipico di queste zone, si spopolava nuovamente. Pertanto pochi erano gli abitanti che stabilmente popolavano qeste zone rassegnati a vivere nella miseria  e nell’isolamento dalla civiltà, abitavano in capanne di giunghi c.d. lestre (vedi riquadro nella pagina) talvolta raggruppate in piccoli agglomerati. La condizione umana e sociale di queste genti, umili ed indigenti – isolate per buona parte dell’anno – era misera, relegata fuori dalla civiltà del tempo e – più di tutto – sfruttata dai “caporali” e proprietari di latifondi, stremata dalla fatica e dalle condizioni climatiche in cui viveva esclusivamente per lavorare. “Con la bonifica integrale, fu turbato anzi distrutto un certo ambiente, ma con esso scomparve la micidiale anofele e la vita grama del lestraiolo. Fu rotto un sistema di vita primordiale, che si tramandava di generazione in generazione, che, una volta fagocitate dalla grande palude, non aveva alcun tangibile conforto dal mondo civile” [C. Galeazzi – Pontinia. op. cit.]

Il clima quasi tropicale della palude pontina rendeva il territorio particolarmente ricco di ogni specie di palmipedi e trampolieri. Non mancava la grossa selvaggina come cinghiali, maiali selvatici e bufali. che pascolavano nelle fitte boscaglie di olmi, querce, lecci, pini e felci. Nelle zone a ridosso del mare il paesaggio mutava in favore della tipica macchia mediteranea (nelle zone meno depresse) di bambù, di palme e magnolie favorendo l’insedimanto, anche di natura migratoria, di diverse specie di uccelli. I numerosi acquitrini ospitavano molte specie di pesci tra cui barbi, anguille e capitoni.

Nella palude pontina vi erano tenute con casali appartenneti a latifondisti dove era possibili praticare l’agricoltura. Lo spazio a questa dedicato veniva denominato “azienda del campo”, mentre quello dedicato all’allevamento bovino era nominato “procoio”; nella “masseria” veniva, invece, eserciata l’industria casearia.

Mestieri

Guitto: pastore-boscaiolo che periodicamente scendeva dai monti per pascolre bestiame e raccogliere legna per conto dei “caporali”;
Aquilani: perchè provenienti dalla provincia di l’Aquila, erano abilissimi nel tracciare fossati per cui chi eservtava l’opera “fossarolo” per antonomasia veniva chiamato “aquilano” come si evince dai contratti scritti dell’epoca;
Bufalaro: addetto al cura ed alla mungitura delle bufale;
Sandalari: prendevano il nome dallo loro imbarcazione a fondo piatto, il sandalo, idonea  per il trasporto sulle acque paludose di merci e persone;
Cursori: così detti per il percorso ricorsivo che giornalmente compivano alla ricerca di ammalati, infermi e feriti, prestando loro i primi soccorsi. Spesso dipendenti della C.R.I. erano per lo più pratici dei luoghi e provenienti dai ranghi dei Carabinieri
Cavallettari: erano addetti  al trasporto ed accatastamento della legna nei depositi temporanei;
Cioccatori: provvedevano al c.d. dicioccamento degli alberi ovvero la pratica per cui estirpavano gli alberi fin dalle radici ottenendo pascoli per il bestiame;
Pellari: conciatori e commercianti di pelli bovine;
Gallinari: costruivano capanne dove allevare nella loro permanenza in palude pollame da vendere ai c.d. “pollaroli” ai quali era anche venduta la selvaggina catturata dai c.d. “festucari“. Alte attività pullulavano in palude come quella dei “ciccoriani“, dei “gramiciani” degli “asparagiani“, dei “ranocchiari” e dei “mignattari” (raccoglitori di sanguisughe a quel tempo usate in medicina).

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