Viaggio pittoresco da Roma a Napoli

Tavola XXXVIII - Tratto della via Appia, posta di Mesa e mausoleo di Clesippo

Pontiniaweb nella ricerca di documenti da pubblicare sul portale per documentare la storia del territorio dove sorge il comune di Pontinia prima dell’avvento della bonifica integrale pubblica alcune tavole tratte dall’opera “Viaggio pittoresco da Roma a Napoli” relativamente alla Posta di Mesa, Cisterna di Latina, Tor Tre Ponti e Terracina realizzate da Rossini e pubblicate nel 1839.

L’opera viene eseguita tra il 1836 e il 1839, anno della sua pubblicazione composta da 80 tavole, illustra il viaggio da Roma a Napoli lungo la Via Appia. L’autore vuole fornire al viaggiatore una guida colta e intelligente che lo accompagni lungo l’itinerario delle stazioni di posta. Il viaggio inizia da Porta del Popolo e percorrendo l’asse di Via del Corso, Piazza Venezia, Fori Imperiali e Colosseo, arriva a Porta San Giovanni e lasciando l’Appia in direzione di Albano.

Già dalla metà del diciottesimo secolo, con la pubblicazione nel 1745 a Napoli della Via Appia riscoperta e descritta da Roma a Brindisi da F. M. Pratili, la Via Appia era divenuta oggetto di interesse e di ricerca per studiosi e artisti.

Rossini dimostra di aver conosciuto e forse utilizzato alcuni disegni acquerellati, eseguiti da Carlo Labruzzi nel 1789, per conto di Sir Richard Colt Hoare, che avevano lo scopo di illustrare il viaggio che questi aveva deciso di intraprendere influenzato dalla lettura delle “Satire” di Orazio (30 a. C.), e in particolare della Quinta, in cui l’autore narra il viaggio che ha compiuto da Roma a Brindisi in compagnia di Mecenate e di altri suoi amici.

Nelle “Spiegazione delle Tavole” oltre alle notizie storiche- artistiche e archeologiche, vengono inserite informazioni sulla popolazione e sulle attività agricole delle campagne e dei paesi che vengono a trovarsi lungo il viaggio. L’autore con quest’opera vuole costituire una guida di facile consultazione per il viaggiatore durante le varie tappe del percorso, ed è per questo che ricorre alla scelta del formato ad album.

Con il Viaggio Pittoresco, l’animazione delle vedute non è più solo la rappresentazione del popolano romano, di derivazione pinelliana, ma è l’introduzione per la prima volta, anche di membri di quelle classi sociali a cui erano destinate le sue opere. La scelta di questa nuova ambientazione sociale sarà una delle caratteristiche delle opere degli ultimi anni.

La tecnica ormai giunta alla piena maturità, rivela una scioltezza del segno e nell’uso dei chiaroscuri fortemente accentuati, Rossini riconferma la sua vocazione per la chiara e piacevole narrazione.

TAVOLA XXXVI.  VEDUTA DI CISTERNA PRESA SOTTO AL PORTICO DELLA POSTA

Alla quinta posta da Roma si arriva all’albergo di Cisterna, luogo veramente melanconico, ove non è di considerevole che questa gran piazza di cui ho presa la veduta sotto al portico della posta ove si mutano i cavalli. Seguitando poi il viaggio di Napoli si và a Sermoneta che è un villaggio che non vi è che delle mura antiche dette opera ciclopea da Vitruvio opus incertum. Alle sei miglia da Sermoneta si va a Sezze, anticamente Setia situata in alto fra i monti, in faccia alle paludi Pontine, e ci si vede una rovina antica creduta gli avanzi del tempio di Saturno. Alle sette miglia da Sezze è l’antica città di Piperno Privernum città dei Volsci, in cui sono pure considerabili avanzi di fabbriche antiche ma che non presentano materia degna da incidersi. Ritornati di nuovo a Cisterna dopo otto miglia di cammino si va a tor tre ponti sesta posta.

TAVOLA XXXVII. VEDUTA DI TOR TRE PONTI OSSIA PONTE ANTICO DI TRAJANO.

Prima di giungere a tor tre ponti si cominciano a vedere le paludi Pontine lunghe 24 miglia, e larghe 6, ed in qualche parte larghe sino a dodici, che si vuole prenda la sua denominazione da Pometia che è stata una città considerabile avanti la fondazione di Roma situata dagli archeologi antichi ove è la Mesa. Racconta Plinio che in tempi antichi questi paesi erano così popolati che vi si contavano sino a 23 città. Nel numero di queste al presente esistono Sulmona o Sermoneta, Setia o Sezze, Privernum o Piperno, e Antium Anzo; ci erano pure molte case di delizia di campagna, come di Augusto, di Pomponio Attico nelle vicinanze di Sezze, della famiglia degli Antonini, di Mecenate ecc. Le pioggie che discendono dalle montagne vicine e che si scolano in questi immensi campi, hanno formato queste paludi, che non sono stati più luoghi nè coltivati nè abitati per l’aria insalubre. Si crede che Appio Claudio nel 442 sia stato il primo che tentasse di disseccarle nel farvi passare la sua celebre via Appia e vi fece fabbricare dei canali, dei ponti, e delle case. Ma le guerre che vennero in appresso fecero lasciare in abbandono questa sì bella impresa. Giulio Cesare fece un vasto progetto per ridurre queste campagne atte alla coltivazione, e voleva portare l’imboccatura del Tevere verso Terracina, e così rendere il commercio più facile e grande. Plutarco, Svetonio, e Dione parlano di questo progetto, ma Cesare ucciso non potè effettuarlo. Augusto riprese lo stesso progetto, e vi fece fare molti canali per portare le acque al mare. L’imperatore Trajano fece il pavimento alla strada che attraversava queste paludi, e vi costruì due ponti e delle casa, rimane una iscrizione intatta sul poggio del ponte a Tor tre ponti ed è questa che esiste in questo ponte di cui io ne dò qui la veduta.

IMP . CAESARI DIVI. NERVAE – FIL NERVA TRAIANVS AVGVSTVS GERMANICVS PONTIFEX MAXIMVS TRIBVNICIA POTESTATE – III – COS – III PATER – PATRIAE REFECIT

Nel tempo della decadenza dell’impero cominciavano di nuovo le inondazioni delle paludi, e si sa da Cassiodoro che Teodorico re d’Italia ne commise il disseccamento a Basilio Decio che ottenne il più gran successo e ciò si prova da una iscrizione che sta in un muro della Mesa ed un’altra annessa alla cattedrale di Terracina. Si crede che Bonifacio VIII fosse il primo che cominciasse di nuovo il loro disseccamento, e poscia Martino V. Sisto V riprese il medesimo progetto, e vi fece un altro canale che ancora si chiama fiume Sisto, ove si colano gran parte delle acque e sboccano nel mare a piedi del monte Circeo. Ma dopo due secoli che di nuovo tutto era andato in abbandono ricominciò la grande impresa il Sommo Pontefice Pio VI con l’ajuto di Gaetano Rapini celebre ingegnere, il quale radunò tutte le acque in un canale contiguo alla via Appia, e lo fece sboccare nel mare a Torre di Badino, che chiamasi Linea Pia e ciò fu nel 1778. Detto Pontefice ottenne per mezzo di piccoli canali che mettono in due grandi, quasi il totale disseccamento delle paludi, e per questa sua opera che non riuscì agli imperatori romani, oggi giorno quasi tutte le campagne sono rese coltivabili, e l’aria meno insalubre, la via Appia che in antichi tempi rimaneva sotto acqua ora è praticabile e resta a mano sinistra pochi passi distante dalla nuova, che è adorna di ombrosi alberi d’ambe le parti ed attraversa la lunghezza della paludi, costeggiando in più luoghi quel canale sul quale Orazio navigò per andare a Brindisi. All’estremità delle paludi Pontine dalla parte di occidente all’imboccatura del fiume Astura vi è la torre dello stesso nome, ed un piccolo porto nel quale Cicerone s’imbarcò per andare alla sua casa di campagna di Formio il giorno stesso che fu assassinato, e qui pure venne arrestato l’infelice giovine Corradino re di Napoli tradito dal Frangipani, signor di Astura presso il quale si era ricoverato. Sei miglia più oltre, risalendo verso Roma trovasi lungo il lido la città di Nettuno, che prese il nome da un tempio che i Volsci ivi innalzarono a quella marittima divinità, era celebre ancora per i templi della Fortuna, di Venere, e di Esculapio, e per un palazzo campestre degli imperatori romani, e là appunto furono trovate le celebri statue dell’Apollo, e del gladiatore moribondo, la prima collocata al Vaticano, l’altra al Campidoglio. L’antico porto che ivi era fu distrutto da Numicio l’anno di Roma 284 poco distante però trovavasi quello d’Anzio che Nerone fece ampliare, ma che fu lasciato andare a rovina: Papa Innocenzo XII ve ne fece praticare un’altro ma più piccolo e meno sicuro. Sull’estremità orientale delle paludi suddette vi si trova la penisola del monte Circello o Circeo, sulla cui vetta è il piccolo paese di S. Felice, e qui erano, secondo gli antichi poeti, le case di Circe e le triste carceri dove, secondo Omero, vennero chiusi i compagni d’Ulisse dopo la loro trasformazione. Ritornando poi nella via Appia a otto miglia da tor tre ponti si trova bocca di fiume, che non è che un casale, ed un ponte moderno per il passaggio di detto canale e quindi dopo la ottava posta si arriva alla Mesa.

TAVOLA XVIII. LA MESA.

Quì si ammira a destra il fiume detto Astura e tutte le immense paludi Pontine, ed a sinistra un gran sepolcro antico che fiancheggiava l’antica via Appia. Il medesimo era composto di quattro grosse colonne agli angoli di un gran circolo nel mezzo del quale si ergeva sopra a più zoccoli un gran piedestallo il tutto era rivestito di marmo bianco e si trovano fra le sue rovine delle bellissime bugne, ed altri frammenti di cornici. Forse sopra il gran piedistallo di mezzo sorgeva la statua semicolossale del defunto, ed ai lati trofei od altro. Vicino a questo vedesi un gran palazzo fabbricato da Pio VI per un grande albergo che ha nel prospetto due bellissime colonne antiche miliarie, e l’interno è tutto adorno d’iscrizioni di antichi sepolcri trovate nella via Appia.

TAVOLA XXXIX. VEDUTA DI PONTE MAGGIORE, IN DISTANZA VEDESI IL MONTE CIRCEO, O ISOLA DI S. FELICE.

Alla nona posta si trova questo antico ponte benché sia privo d’iscrizione forse consunta dal tempo, essendoci il luogo dove dovea esservi. Esso conservasi intatto e deve essere opera di Trajano; sotto a questo ponte passa uno di quei gran canali ove scolano le acque delle paludi Pontine. A destra si vede il monte Circeo o isola di S. Felice di sopra mentovata e di qui si passa ad altro ponte moderno fatto o restaurato di Pio VII, e dopo la decima posta si arriva a Terracina.

TAVOLA XL. TERRACINA AVANTI SI VEDE IL PALAZZO COMUNALE ED IL FIUME DETTO ASTURA.

Terracina, Anxur, la chiamavano gli antichi. Ebbe la sua origine dai Volsci. Essa è situata sopra un fondo eminente, e scorgesi da lontano ma risente dell’insalubrità delle adiacenti paludi. L’antico Anxur è situato sulla sommità della collina, ove si veggono gli avanzi del tempio di Giove che Virgilio distinse col nome di Jupiter Anxurus, e vi si ammira ancora il suo fianco e il dì dietro nei muri di recinto della cattedrale costruita nel medioevo sulle istesse rovine di questo tempio, e si vedono delle colonne scannellate con base attica attaccate al muro il tutto di marmo ossia di pietra apenina. La cattedrale poi ha un portico con colonne antiche di granito, il suo interno è a tre navate vi sono colonne di diversi marmi pure antiche, ed è il suo pulpito sostenuto da colonne di granito, ed ornato con vaghi compartimenti di musaico dei bassi tempi. Del suo antico porto costruito da Antonino Pio non restano che gli anelli cui affermavano le navi. Questa città che è l’ultima dello stato Pontificio contiene circa nove mila abitanti. Il gran palazzo della comune che si vede in questa veduta fu eretto da Pio VI, come pure il gran locale delle finanze sulla riva del mare. Sulla sommità del monte vi sono rovine dei bassi tempi credute gli avanzi del palazzo di Teodorico, e quì scorgesi una veduta sorprendente del mare e delle paludi e di tutta la campagna vicina. La celebre via Appia passava da Terracina e di essa si ammirano ancora gli avanzi.

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Si ringrazia Università degli Studi della Tuscia progetto AVIREL (Archivio Viaggiatori Italiani a Roma e nel Lazio. Biblioteca Digitale sul tema del viaggio e dei viaggiatori a Roma e nel Lazio – http://avirel.unitus.it/)

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