Con i pittori nelle paludi pontine #2

La seconda puntata di questa inedita raccolta di materiale, non solo in Rete, degli autori del portale pontiniaweb mira a far conoscere il territorio dove sorge Pontinia attraverso la lente dei pittori che nei secoli hanno tratteggiato ed immortalato nelle diverse stagioni non solo lo stato di quei luoghi affascinanti e selvaggi ma soprattutto hanno catturato le emozioni che questi esrpimevano alla sensibilità dell’artista. Non solo poeti e romanzieri dunque ma anche molti pittori. Di seguito analizziamo le “Paludi Pontine” di Achille Vertunni tratto dalla sezione

Arte del portale sapere.it.

Napoletano di nascita, Achille Vertunni è l’omologo di Domenico Morelli nell’ambito della pittura di paesaggio. Il trasferimento a Roma nel 1853, da cui manterrà sempre stretti contatti con la vita artistica napoletana, gli aveva d’altra parte offerto la possibilità di confrontarsi con la tradizione degli studi en plein air dei dintorni romani, come testimonia questo Paludi Pontine (Campagna romana): un olio su tela, di 90×180 cm, dipinto nel 1861 ca. e oggi conservato nella Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino. Nell’interpretazione di Vertunni sono però totalmente assenti riferimenti alle presenze archeologiche, che avevano caratterizzato le vedute dei dintorni romani dei decenni precedenti e che ancora affollavano le immagini dei Paesaggisti stranieri, numerosi a Roma fin oltre la metà del secolo. Grazie anche alla mediazione di Nicola Palizzi, che da Parigi informava i colleghi napoletani sulle novità dell’Ecole de Barbizon, l’immagine delle paludi pontine fornita da Vertunni si inserisce a pieno titolo nel capitolo del Naturalismo europeo del quinto e sesto decennio. Nell’intenzione di Morelli il dipinto di Vertunni doveva esemplificare le novità stilistiche della scuola napoletana, come lui stesso aveva fatto con gli Iconoclasti nell’ambito della pittura di storia, e in questo modo legittimare una sorta di primato degli artisti napoletani per la definizione dei caratteri che una scuola di pittura nazionale avrebbe dovuto assumere. La mappa del capolavoro

I riflessi sullo stagno. Nei riflessi di luce, così come nello specchiarsi delle forme sulla cristallina superficie delle acque è contenuta la perizia maturata dall’artista, in anni di studi sul vero, nel descrivere le apparenze della natura. Si tratta però di una luce avvolgente, che rivela le cose in una sorta di immobilitàsenza tempo, ben lontana da quella tagliente e violenta studiata da Vincenzo Cabianca e Telemaco Signorini nei loro soggiorni a La Spezia, circa negli stessi anni.
Cespugli e fili d’erba. In questo gruppo di piante selvatiche, simmetricamente affrontato nell’altro lato da un masso sporgente, è evidente la tendenza dell’artista di correggere mentalmente i dati della visione. Il preciso disegno che delimita foglie, arbusti e fili d’erba è un altro elemento che avvicina l’opera di Vertunni alla tradizione accademica, inserendolo in una interpretazione del Naturalismo che, estranea a furori sperimentali, gareggia con il mezzo fotografico per dare effetti di fedeltà ottica.

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