Category: Archeologia

La storia del territorio dove sorge Pontinia

Gli autori del portale pontiniaweb.it pubblicano la scansione in formato PDF di un documento datato 1884 dal titolo “Bullettino dell’Istituto di corrispondenza archeologica per l’anno 1884″ dove un’ampia sezione è dedicata al rinvenimento nelle paludi pontine, il 2 Gennaio dello stesso anno, di una iscrizione sepolcrale che consente al ricercatore di addivenire ad alcune interessanti considerazioni circa la storia delle paludi pontine a partire dal 384 d.c. spingendosi a ritroso di diverse centinaia di anni. Uno studio che completa ed avvalora i più recenti studi che vogliono le paludi pontine in età remota non spopolate e molto diverse dallo stato in cui furono osservate e descritte da pittori e poeti e prima ancora degli interventi dei Papi

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Il mito delle città scomparse

I Volsci fondarono nella pianura, diverse città , di cui la tradizione ha riportato i nomi di Suessa Pometia (la cui ubicazione è incerta; forse nell’attuale territorio di Cisterna ) e Satricum (ai confini dell’Agro; nei pressi dell’attuale Borgo Le Ferriere), Ulubrae e Tiberia. Gli studiosi ignorano dove si trovasse l’antica città di Suessa Pometia; diverse localizzazioni ipotetiche sono state proposte soprattutto entro la fascia settentrionale di confine con l’area dei Colli Albani e quella pedemontana lepina (aree di Cisterna, Cori, Ninfa e Sezze); infine non è escluso che possa trattarsi di una denominazione alternativa di un sito abitato conosciuto in epoca romana poi sotto altro nome.

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La posta di Mesa di Pontinia

A chi percorre in auto o in bus quel tratto della Via Appia che è noto come la “Fettuccia di Terracina” perché è un lungo rettilineo che si snoda per una quarantina di chilometri dall’uscita Cisterna di Latina fino alle porte della città tirrenica e che le dà appunto il nome, capiterà di osservare al km.53,800 i resti di un monumento funerario risalente alla prima metà del primo secolo d.C. e che è conosciuto come il “Mausoleo di Clesippo”. Quel sepolcro funerario è uno dei pochi resti dell’età repubblicana di Roma esistenti nel territorio di Pontinia che siano giunto sino a noi. Esso insiste su un’area chiamata “Posta di Mesa” e sorge al km.83,800 della Strada Statale ‘Appia’.

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L'iscrizione di Teodorico

Nell’androne del casale di Mesa di Pontinia sono state murate alcune iscrizioni e reperti rinvenuti durante i vari interventi di prosciugamento, risanamento e bonifica del’area circostante. Quello di maggior interesse è una lapide celebrativa delle operazioni svolte in questa area durante il regno dell’imperatore Teodorico.

L’iscrizione indicata nell’immagine al lato (espandibile) di seguito viene trascritta con il testo latino integrale derivante dalle operazioni di intepretazione delle regole di abbreviazione tipiche di queste iscrizioni:

D(ominus) N(oster) GL(o)R(io)S(issi)MUS ADQ(ue) INCLYTI(ssimus) REX THEODORICUS VIXT(or) AC THRIUNF(ator) SEMPER AUG(ustus) BONO R. P. NATUS CUSTOS LEBERTATIS ED PROPAGATOR ROM(ani) NOM(inis) DOMITOR G(en)TIUM DECENNOVIUM VIAE APPIAE ID (est) A TRIP (ontio) USQ(ue) TARRIC(inam) IT(em) ET LOCA QUAE CONFLUENTIB(us) AB UTRAQ(ue) PARTE PALUD(ibus) PER OMN(es) RETRO PRINCIP(es) INNUNDAVERANT USUI PUB(li) CO ET SECURITATI VIANTIUM ADMIRANDAE PROPITIO DEO FELIC(i) TER RESTIRUIT OPERI INIUNCTO NAVITER INSUDANTE ADQ(ue) CLEMENTISSIMO PRINCIP(i) FELICITER DESERVIENTE P(rae) CONIIS EX PROSAPI(a) E DECIORUM CAEC(ilio) MAUR(o) BASILIO DECIO V(iro) C(larissimo) ET INL(ustrissimo) EX P(raefecto) U(rbi) EX P(raefecto) P(raetorio) EX CONS(ule) ORD(inario) PAT(ricio) QUI AD PERPETUANDAM TANTI DOMINI GLORIAM PER PLURIMOS QUI ANTE NON ALBEOS DEDUCTA iN MARE AQUA IGNOTAE ATAVIIS ET NIMIS ANTIQUE REDDIDIT SICCITATI

Di seguito al traduzione: “Nostro Signore gloriosissimo ed illustrissimo il Re Teodorico, vincitore e trionfatore, sempre Augusto, nato per il bene dello Stato, custode della libertà e propagatore del nome romano, domatore di genti barbare, ha felicemente e con l’aiuto di Dio reso di nuovo praticabile ed ammirabilmente sicuro per il vinandante il Decennovio della via Appia da Trepponti a Terracina, nonchè i luoghi che, sotto tutti i regni precedenti, erano stati inondati dallo straripamento delle paludi da destra a sinistra; lavoro assunto e diligentemente proseguito per ordine del clementissimo principe, del discendente dei Decii, Ceciclio Mauro Basilio Decio, ex prefetto dell’Urbe, ex prefetto del Pretorio, ex console ordinario, patrizio; il quale, per rendere eterna gloria di sì grande Signore, conducendo le acque al mare per mezzo di canali non prima esistenti, ha fatto rinascere l’antica siccità sconosciuta alle generazioni precedenti”

Il Mausoleo di Clesippo

l “Mausoleo di Clesippo” rimane una delle testimonianze archeologiche più conosciute del territorio di Pontinia. Il manufatto del I° secolo a.C. si erge a fianco del Casale di Mesa. Il Mausoleo attribuito a Clesippo Geganio, ci appare spoglio dei rivestimenti di travertino che, in origine, lo ricoprivano come ci testimonial’incisione del rossini del 1700. Narra la leggenda che uno schiavo di nome Clesippo fu liberato dalla schiavitù dalla sua padrona solo per i desideri terreni di costei.

Invece è probabile che quella tramandatasi fino ai nostri giorni sia solo una diceria diffusa tra la gente patrizia dell’epoca, gente nata ricca e facoltosa che malvolentieri sopportava l’ingegno e la capacità di un ex schiavo, divenuto ricco e famoso forse più dei suoi detrattori e che aveva fatto costruire un’imponente tomba per ricordare a tutti il grande affetto per la sua benefattrice [tratto da http://www.bielonorma.it/pontinia_in_cartolina.htm]. La riproduzione più antica di questo manufatto sepolcrale che è giunta a noi è un acquerello del Labruzzi che risale al XVIII secolo. Il dipinto, in buone condizioni di conservazione, è conservato nella Biblioteca Vaticana: esso ci mostra il complesso in condizioni certamente migliori di quelle attuali, anche se le devastazioni subite nei secoli precedenti per le ruberie, per lo stato di abbandono, per le intemperie e per il vandalismo avevano già fatto scempio di ogni cosa. In quell’acquerello è ancora visibile tutto intero il basamento e la parte turrita quadrangolare. Le più antiche descrizioni in nostro possesso del manufatto, il così detto “Mausoleo di Clesippo”, sono invece quelle rilasciateci dai viaggiatori del Settecento e dell’Ottocento. Utile leggere a tal proposito “Viaggio Pittoresco da Roma a Napoli” del Rossini edito a Roma nel 1839, oppure “A classical tour trough Italy” di R.C. Hoare , edito a Londra nel 1819). Il Mausoleo, così come ci appare oggi, poggia su un incompleto basamento quadrangolare alto metri 2,38 e con lato di ventitré metri; è completamente spoglio dei rivestimente esterni; la torre quadrata (detto anche ‘torrione’) il cui lato alla base è di metri 7,40 e che si elevava originariamente per dodici metri dal basamento e si restringeva verso l’alto ove il suo lato andava a misurare metri 4,50, è oggi irrimediabilmente ‘mozzata’ all’altezza di cinque metri; il muro di fondazione infine è profondo poco più di un metro. Il sepolcro non presenta ‘aperture’ o ‘celle di accesso’; in esso il defunto (o le sue ceneri) vi veniva murato. Il monumento per le sue caratteristiche è databile senz’altro alla prima metà del primo secolo d.C. Chi era Clesippo? Secondo le più accreditate notizie in merito (le quali fanno giistizia di quelle che volevano il Clesippo un liberto di Nerone) era uno schiavo proveniente dall’Anatolia che venne acquistato (e non sappiamo se vi siano stati ‘propprietari’ intermedi) da una matrona romana chiamata Gegania. Per i suoi servigi e per la sua fedeltà, Clesippo venne ‘affrancato’ e divenuto ‘liberto’ acquisì il nome di Clesippus Geganius. Già provvisto di una buona base culturale, Clesippo si dette agli studi arricchendo ulteriormente il suo bagaglio culturale. Potè quindi dedicarsi alla vita pubblica tanto da giungere a volgere importanti incarichi e a ricoprire persino importanti cariche. Nell’Ottocento e fino agli inizi del Novecento, si riteneva che quel manufatto fosse il ‘fanum’ che Marco Tullio Cicerone avesse donato alla figlia Tullia. Ma il rinvenimento e la scoperta durante le opere della bonifica delle Paludi Pontine di molte iscrizioni e di molti cippi (i quali poi sono stati tutti raccolti e murati nella rinascimentale Cascinale di Mesa) convinsero gli storici della erroneità di quella attribuzione. Della cosa ebbe ad interessarsi la Sovrintendenza delle Belle Arti e Tutela dei Monumenti del Lazio: fu ritenuto quindi che il manufatto fosse senz’altro Il sepolcro di Clesippo Geganio in forza di una lastra di marmo lunga due metri e mezzo sulla quale si legge ancora oggi: CLESIP GEGANUS MAG CAPIT MAG LUPERC VIAT TR il che, opportunamente sviluppato, ci dà la esatta interpretazione: CLESIP (pus) GEGANUS MAG (ister) CAPIT (olinorum) MAG (ister) LUPERC(orum) VIAT (or) TR (ibunicius)Il