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1816 – Itinerario istruttivo da Roma a Napoli

Itinerario istruttivo da Roma a Napoli : ovvero descrozione generale de’ più insigni monumenti antichi, e moderni, e delle opere piú rimarchevoli di pittura, scultura, ed architettura di questa celebre città e delle sue vicinanze … opera del 1816 a cura di Mariano Vasi

Riportiamo di seguito alcuni brani del libro dove sono citate le paludi Pontine. Il testo riporta e commenta anche le visite di illustri viaggiatori che attraversarono prima del grand tour le Paludi Pontine diretti da Roma a Napoli.

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La campagna romana e le paludi pontine nel 1800

Campagna romana Charles COLEMAN (1849)

Campagna romana Charles COLEMAN (1849)

Acquaforte tratta da “A series of subiects peculiar to the campagna of Rome and Pontine marshes designed from nature and etched by C. Coleman”, edito a Roma nel 1850 che rappresenta uno scorcio della campagna romana sul limitare delle paludi pontine dove si intravede una capanna tipica degli insediamenti stagionali (lestre) tipiche delle paludi pontine. Un ulteriore documento che testimonia, ancora una volta, il fascino e l’attenzione che destavano questi luoghi selvaggi nei pressi della capitale meta di molti intellettuali europei dell’ottocento (grand tour)

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La cartografia delle paludi pontine e del territorio del Comune di Pontinia

Cartografia De Prony

La pianta, incisa su rame che “non lascia nulla a desiderare per fedeltà ed esattezza”e molto accurata per le indicazioni altimetriche, è stata disegnata su materiali, in parte manoscritti, riportati da Roma. Rispetto ad altre carte, fornisce la delimitazione dei bacini delle acque che versano direttamente nelle paludi pontine, in rapporto ai bacini superiori che s’elevano “in anfiteatro” fino al lago del Fucino. Vi è rappresentata la pianta della città di Roma- disegnata con le principali “circoscrizioni dei quartieri”, gli acquedotti che giungono città dalla parte orientale- incisa da F. Collin, Rue de la Harpe, N.45 (Parigi).

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Con i pittori nelle paludi Pontine #4

Pierre Auguste Brunet Houard

Pierre Auguste Brunet Houard

Gli autori del portale www.pontiniaweb.it, nell’incessante raccolta di documenti, testimonianze e materiale per comprendere meglio la natura e le origini del territorio dove sorge Pontinia, hanno scovato questa  ulteriore opera che illustra il paesaggio delle paludi pontine temporalmente collocato alla “vigilia” delle operazioni di bonificazione integrale. L’opera, riportata in figura, è firmata dal maestro Pierre Auguste Brunet Houard (Saint Maicent ? – 1922) ed è un olio su tela che misura cm. 49×99 dal titolo “Le paludi Pontine”

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Le paludi pontine nella letteratura

Statua della Dea Feronia a Cisterna di Latina

Realizzata dallo scultore Ernesto Biondi tra il 1885 ed il 1890, la “Bella Ninfa”, molto probabilmente la Dea Feronia che con il braccio destro innalza un ramoscello d’ulivo, è il simbolo della vittoria della bonifica sulla palude e quindi sulla malaria, rappresentata da una figura demoniaca incatenata e distesa sotto i piedi della dea. La forma tozza creata dai massi di granito e stalattiti del Trentino, allora Impero Asburgico, rappresenta una montagna con grotte e anfratti che emerge dalla palude prosciugata sorreggendo la dea Feronia (marmo h. 210) mentre schiaccia la malaria. space_whtLa base è costituita da una vasca circolare con gradinate. All'interno della vasca ed ai piedi del rilievo erano posti gruppi scultorei rappresentanti giovani pastori e loro bestiame. L'opera, un esempio di "realismo borghese" dell'Ottocento, risentì duramente dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale durante la quale la statua della dea Feronia venne decapita ma presto restaurata

La Feroniade è un poemetto iniziato da Vincenzo Monti nel 1784 in occasione dell’inizio dei lavori delle bonifiche delle Paludi Pontine intraprese da Papa Pio VI , impresa di sistemazione idraulica, immane per l’epoca, che, anche per gli sconvolgimenti politici, fu presto abbandonata. Il poemetto anch’esso interrotto, fu invece a più riprese continuato dal Monti che ci lavorò fino alla morte, quando era tuttora incompleto. Il titolo viene dalla ninfa Feronia, amata da Giove, ma perseguitata dalla gelosa Giunone che trasformò i campi abitati dalla ninfa in una malsana palude. Il poemetto riprende lo stile della poesia didascalico-georgica che aveva avuto un grande sviluppo nel settecento, ma si risolve principalmente in uno spunto per il racconto mitologico.

“La questione della Feroniade sotto il profilo testuale appare molto complicata: gli studiosi del Monti lo sanno. Concepita e avviata negli anni romani, l’opera fu infatti interrotta e ripresa in più occasioni durante il periodo milanese, come variamente attestano pagine dell’epistolario: tra il 1811 e il 1814 (nel triennio successivo e nel 1821 invece è documentata una stasi), ancora nel 1825 e subito in seguito; ma è lasciata incompiuta.1 Scrivendo da Milano a Samuele Jesi il 19 aprile 1827, un anno prima di morire, l’autore esprimeva tutta al sua mestizia per non avere più la forza intellettuale di percorrere l’ultimo esiguo tratto creativo, forse anche solo di una cinquantina di versi, che lo separava dal traguardo.2 Negli anni, anzi nei decenni, di lavorio al poemetto mitologico dovette comportare annodamenti di

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