Foreste, fiumi e malaria: quando Pontinia era la tenuta di un cardinale – dal nr. 2 del Chinino

Immagine tratta dal nr. 2 del Chinino

L’attività di ricerca di materiale inerente la storia, le tradizioni di Pontinia si arricchisce di un curioso articolo a firma di Paolo Periati pubblicato sul magazine “Il Chinino” il mensile di Pontinia relativo alla storia del territorio, ante bonifica idraulica integrale, dove oggi sorge il comune di Pontinia. E’ questo un tema più volte trattato sul portale pontiniaweb.it per comprendere meglio le origini e la natura del nostro territorio. Di seguito riportiamo l’articolo estratto dal Chinino consultabile integralmente qui

Il territorio oggi compreso nei confini del comune diPontinia, com’è noto, è molto diverso da un punto divista geo-morfologico rispetto al periodo antecedente labonifica delle Paludi Pontine.

Con l’aiuto delle carte storico-geografiche e, in tal caso, basandosi su alcune risalenti ai secoli XVII e XVIII si è in grado di farsi un’idea dell’evoluzione storica dell’area pontina venendo a conoscenza della toponomastica dei luoghi a cui oggi siamo abituati, della suddivisione territoriale in età moderna, di come gli abitanti si adattarono all’amenità del luogo, lo modificarono e ne sfruttarono le caratteristiche.Le divisioni delle proprietà, i corsi d’acqua – che spesso delimitavano i possedimenti –, le vie di comunicazione,ponti e torri, insediamenti urbanie antiche rovine, vengono alla luce dalle rappresentazioni cartografiche di Giacomo Filippo Ameti del 1693,dalla Pianta delle Paludi Pontine, del 1778 realizzata daGiambattista Chigi per la «direzione del nuovo alveo per laLinea Pia», e da un disegno della zona pontina, di anonimo,risalente al 1701.Ecco che scopriamo tra il 47° e 48° miglio della via Appia le «Rovine della città di Regeta, ora S. Giacomo», dove fu eretta nel 1295 una chiesa in suo onore. Più a sud, sempre sulla via «Trajana» s’incontra la «Chiesa di Mesa e rovine cospicue di città, creduta ad Medias», proprio dove sorge il palazzo voluto da Pio VI alla fine del 1700, da cui era possibile osservare al di là dell’arteria romana lo scorrere delle placide acque del fiume Cavatella, detto anche Astura e,in lontananza, i «cannuceti di Quagliozzo» e «della Pesca diMesa».Il territorio compreso tra l’Appia e i monti era percorso dadiversi fiumi che sfociavano tutti nel Portatore, chiamato anche Ufente, o «fiume Novo» nel suo ultimo tratto. I corsi del Selicella e dello Schiazza delimitavano la grande «tenutaOrsini» e la separavano dalle proprietà del «sig. Garzoni(o)»e del «sig. Valletta», chiuse lungo l’Appia dal «fosso di Dionora» ed entrambe attraversate dal «fosso della Torre».Spingendosi sotto i monti si scoprono i laghi del Vescovo,tra cui quello detto «Occhio a terra»e il lago Manello, mentre la Fontana de’ Gricilli e la fonte di Muro – da cui secondo il disegno anonimo nasce il fosso «La codarda» – fanno parte della«tenuta del Mattarelli» che comprende,sotto i «Campi di Piperno», anche l’area in cui s’incontrano il fosso del Mazzocchio e l’Amaseno. Al di qua dell’Appia,dove sorge il centro abitato di Pontinia, la «tenuta del card. Pallotta» era delimitata dal «fosso di S. Giacomo», dal Cavatella e dal Cavata Vecchio, il cui corso si raccordava colSisto e le sue molte «rotture», come quella del Tavolato(a),che segnava il confine meridionale della «tenuta del lucchese». Brevi corsi d’acqua senza sbocco (Rio Portosello e fosso dell’Arella), si dipanavano poi dal vecchio Sisto verso le zone Formicosa e Longarella attraversate dalla «via marittima pratticata da vetturali che portano il pesce a Roma». – di Paolo Periati dal nr. 02 del Chinino.

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