Cronache dai giornali dell'epoca

In questo articolo gli autori di pontiniaweb stanno gradualmente trascrivendo e riportando le fonti mediatiche del tempo con l’intenzione di realizzare una rassegna stampa multimediale, con il supporto non solo dei giornali e ove possibile anche delle relative fotografie, ma  anche delle registrazioni audio e video di quella giornata piovosa del 18 dicembre 1935: fondazione di Poninia.

Dal Corriere della Sera del 18 Dicembre 1935 – NASCITA DI PONTINIA

Domani, trenutunesimo giorno dell’assedio economico, s‘inaugura Pontinia – sorella di Littoria e Sabaudia – con la quale è quasi compiuta la trasformazione della vasta pianura tra i monti e il mare, da Nettuno al Circeo, che ebbe il nome di Paludi Pontine.
La data di questa inaugurazione, fissata più di un anno fa, quando nessuno pensava che a Ginevra si sarebbe messa in movimento contro l’Italia la macchina delle sanzioni, coincide con la giornata dell “fede”, Nonostante le sanzioni, nell’Agro Pontino, sorge questo nuovo e non ultimo comune rustico che annunzia un’altra vittoria del lavoro italiano.
Nel 1931 da Nettuno al Circeo si estendeva un deserto paludoso dove gli uomini non potevano vivere. Un anno dopo, il 30 Giugno del 1932, si fonda Littoria che Mussolina inaugura il 18 Dicembre dello stesso anno. Dopo Littoria, nel 1934, si inaugura Sabaudia e si fonda Pontinia che da domani comincia a vivere come il centro di un’altra zona bonificata dall’Opera Nazionale Combattenti, con la quale hanno collaborato i Consorzi di bonifica, il Commissario per le Migrazioni interne, la Milizia Forestale, le Università Agrarie, la Croce Rossa e molti privati. Con l’unione di tutte queste forze operanti per un unico fine, la trasformazione che da secoli pareva inattuabile è stata compiuta. In quanto tempo? In soli quattro anni, durante i quali sono stati appoderati oltre 34 mila ettari, con 2.137 case coloniche fornite del  pollaio, del forno, del lavatoio, con 359 chilometri di strade, 1560 canali, 10.000 scoline. Per raggiungere questo risultato sono stati disboscati e dicioccati 20.700 ettari, ora popolati da 2.100 famiglie coloniche che fra breve aumenteranno a parecchie centinaia. Si è così popolato il territorio il territorio bonificato di circa 23.000 rurali e si sono attuati i piani di ordinamento colturale per ogni azienda e per ogni singola colonia, così che oggi quasi la totalità dei poderi è un avvicendamento di colture continue….
Diamo ora un primo sguardo a Pontinia, il terzo Comune rustico che domani  avrà il suo solenne battesimo al suono della campana della torre comunale. In pochi mesi, attenuatasi i suoi colori troppo nuovi e svanito l’odore delle vernici, avrà una sua fisionomia propria come Littoria e Sabaudia; vedrà, la domenica, riunirsi nella sia piazza i contadini di tutti i suoi poderi prima e dopo la Messa; sarà percorsa, nelle strade a raggiera che portano nei campi, da centinaia di biciclette.
Fino alla scorsa estate per venire a Pontinia bisognava girare dall’Appia e prendere alla cantoniera San Giacomo la strada Migliara 47 che porta a Borgo Pasubio.
Oggi vi si raggiunge direttamente da Sabaudia (questa è una sorpresa che capita spesso al visitatore dell’Agro Pontino: la sorpresa di trovare da una stagione all’altra nuove strade che abbreviano le distanze) e si riconoscono appena i luoghi veduti giusto un anno fa quando Pontinia fu fondata.
Allora, come precedentemente a Littoria e Sabaudia, per farsi un’idea del futuro abitato bisognava passare in rassegna una serie di pali indicanti la piazza, la casa comunale, la chiesa, la caserma, una scuola, proprio come avveniva ai contemporanei di Shaker, i quali a teatro dovevano contentarsi di un cartello al posto del balcone di Giulietta o della reggia di MacBeth.
I pali spuntavano da un terreno tutto fosse e acquitrini, denso di sterpaglia, grigio ed ostile, e a chi non avesse assistito alla nascita delle altre città pontine potevano suscitare il dubbio che ci fosse un errore di data nel calendario del regime: cioè che Pontinia non si sarebbe inaugurata nel dicembre di quest’anno, ma qualche anno più tardi….
Tanta era la millenaria desolazione della terra e così dura e continua è stata la fatica degli uomini venuti a compiere la trasformazione che oggi quasi non crediamo ai nostri occhi vedendo profilarsi nell’aria, sullo sfondo dei Lepini, il nuovo scenario di edifici da cui emerge massiccia e quadrata la torre del Comune.
Prima che questo venisse ad animare la pianura non c’erano che baraccamenti degli operai, disposti in modo da costituire una borgata vera e propria con una piazzetta centrale su cui si aprivano le botteghe, la rivendita di giornali, lo spaccio dei tabacchi, il piccolo ufficio postale. Una scritta spiccava in alto: Dux docet ducet.

… Pontinia non vuole somigliare a Littoria e Sabaudia, che pur essendo Comuni rustici, hanno come il presentimento di diventare, un giorno non molto lontano da noi che le abbiamo viste nascere, due cittadine n on destinate soltanto a centri rurali. Questo presentimento si avverrà tanto per Littoria che è il capoluogo di Provincia, quanto per Sabaudia destinata anche alla funzione di stazione balenare e di oasi di riposo invernale.
Pontinia è tutt’altra cosa: è un semplicissimo comune rustico senza pretese, che apparterrà totalmente agli agricoltori delle vicine case coloniche, le quali sul deserto di ieri già si allineano coi loro camini fumanti, risuonano le voci, si circondano di tappeti di un verde tenero che domani sarà tutto oro di grano.
Con queste sue caratteristiche, Pontinia ha dato ai suoi edifici – costruiti dall’Ufficio tecnico dell’Opera Combattenti, con l’assistenza dell’architetto Oriolo Frezzotti, al quale si debbono alcuni dei migliori edifici di Littoria – la giusta proporzione. La massima semplicità di linee, tutto il necessario per rispondere al loro scopo e per appagare la vista, e nulla che possa sembrare superfluo, troppo ardito o troppo sgargiante.
Alle falde dei Lepini, sui quali si arrampicano piccoli e scuri paesi antichi, qualcuno anche con una torre baronale, sorti via vi anche la pianura diventava micidiale per l a malaria. Pontinia rappresenta una chiara novità, un’eccezione modernissima, con le sue case dove entrano senza economia il sole e la luce, dove si potrò vivere comodamente…
Sono ormai lontani i tempo in cui gli antichi agricoltori che lavoravano le terre prossime ai lepini le abbandonavano ogni giorno, prima del tramonto, e andavano a passare la notte nei paesi vicini, al sicuro dalla malaria: oggi non è necessario risalire a Sermoneta o a Sezze per poter continuare a vivere e a lavorare, ma si può abitare in queste case di Pontinia che, dal centro rurale, si succedono sulle strade a raggiera, con le prime famiglie venute in questi giorni da altre province d’Italia.
Pontinia, come si è detto, nasce domani. E domani sarò un giorno di festa per tutta la provincia di Littoria. Poi nelle campagne redente comincerà il lavoro
[Luigi Bottazzi]

Dal Mattino del 19 dicembre 1935

Pontinia assomiglia alle giovani sorelle dell’Agro. Costruzioni razionali, quadrangolari, dalle fronti squadrate e nude. Il piano regolatore della città di Pontinia ha la semplicità lineare del teorema di Talete. La croce del cardo e del decumano s’interseca nella piazza centrale, e introno, concentrica, si amplifica la città. Qui dove oggi sorge l’insegna 18 dicembre, trentunesimo giorno dell’assedio economico, i bufali s’avventano nella piana, contro l’alba violetta, accogliendo nell’aria la febbre della palude.

[Ernesto Grassi]

INAUGURAZIONE DI PONTINIA, da il giornale d’Italia  del 18 Dicembre 1935

La nuova città, che da domani, con solenne cerimonia, figurerà nell’albo dei comuni del regno, sorge in una parete prettamente agricola ed industriale del comprensorio pontino.
La sua ubicazione ne rende oltremodo facile l’accesso.
Le strade sono ampie con un’ottimo fondo simmetricamente disposte. La zona topografica di Pontinia ha la forma di un quadrato irregolare: è limitata dal fiume Sisto, dalla mezza migliara 47-48, da Canale Striscia e dalla migliara 48.
Il centro propulsore, di vita della novella cittadina rurale, è la piazza 28 Ottobre. In questa piazza sorgono infatti il Palazzo Podestarile, con ai lati le due costruzioni per abitazioni dell’I.N.A., il maestoso edificio che accoglie, in un’ampia sala ricreativa, il Cinema e il Dopolavoro e l’altro ove è posto l’albergo…
… il palazzo Podestarile, nel suo stile semplice e razionale, ha, nel mezzo, una torre quadrangolare ed, all’altezza del primo piano, l’arengo in travertino. La pavimentazione interna è di pregevoli marmi ed, il tutto, è disposto con raziocinio e buon gusto,.
In perfetta simmetria con la torre centrale si snoda l’ampio viale del Re, che, in un secondo momento, verrà prolungato sino alla via Appia. Anche dalla piazza centrale si dipartono: il viale del Duce e la via Sistro V, Il viale del Duce accoglie l’edificio che ospita il Fascio di Combattimento, i Sindacati, i Mutilati e i Combattenti.
Il palazzo si estende a forma di scure Littoria ed ha semplici linee architettoniche.
La via Sisto V si prolunga sino a toccare siano a toccare la piazza Pio VI, ove sorge la Chiesa con l’Asilo infantile, la Scuola con l’Opera Balilla, e un grazioso edificio per negozi ed abitazioni….
… La chiesa, che inquadra nel suo corpo di fabbrica anche l’Asilo per l’infanzia, svetta un magnifica torre ed un perfetto stile novecento che arieggia lo stile normanno.
L’interno è perfettamente intonato alla misticità dell’ambiente; la navata è ampia e l’abside rotondo.
Il fabbricato della Scuola che inquadra anch’esso la sede dell’Opera Balilla, può ospitare circa 400 alunni comodamente, ha ampie e luminose finestre; le aule sono piene di luce ed arieggiate.
E così anche la sede dell’Opera Balilla.
La via Sisto V, all’altezza di Piazza PIO VI, è intersecata dal viale Giulio Cesare, che corre parallelo al suddetto viale del Re, e poi cambia la sua denominazione a Via Appio Claudio Cieco. Quest’ultima via, piegando a sinistra fa raggiungere borgo Pasubio, poco distante.
Dietro il palazzo Podestarile, alle cui estremità sono eretti due archi, nella via Gaetano Rapini, sorge l’edificio caserma per I RR.CC….
Il piano regolatore si sviluppa in strade armoniche e rettilinee, le cui denominazioni ricordano Imperatori, Papi, profondi studiosi…
Il territorio del novello comune, raggruppa tutte le case coloniche poste soot la direzione aziendale dei borghi Faiti, Pasubio e Vodice.

[Sostengo Camillacci]
L’AGRO REDENTO, da il Popolo d’Italia, 18 Dicembre, 1935 – Anno XIV

Ancora alla fine del 1931, questo luogo era un disastro paludoso; un immenso deserto dominato dalle forze avverse della natura contro il quale la lotta degli uomini era stata sempre impari e vana. Nessuna gente, per quanto audace ed energica, avrebbe potuto nutrire l’orgogliosa speranza di domarlo; ogni sforzo avrebbe ceduto sotto il peso delle terribili e sempre rinascenti difficoltà. Nessuna gente tranne la nostra. Guidata dal Duce che fissa le mete, non per raggiungerle, ma per superarle, l’Italia ha compiuto il miracolo.
L’Italia dei combattenti si è accampata in questa pianura, come davanti ad una posizione che si deve espugnare e conquistare; ed ecco scomparire acquitrini e boscaglie, sorgere ponti, strade, canali, case chiese, opifici e, ad ogni avanzata crescere, il numero del pacifico esercito di realizzatori.
Il 30 Giugno del 1932 si fonda Littoria, il 18 dicembre s’inaugura; il 19 dicembre 1934 si fonda Pontinia, il 18 dicembre 1935 si inaugura.
Con Pontinia, l’ossatura tecnica della bonifica si può dire compiuta; occorre ora lavorare attorno a questa ossatura potenziandola al massimo grado. Tutto l’Agro, dai Lepini al mare, è una solida conquista del lavoro, è una superba distesa di campi fertili, una rasserenante visione di case coloniche, di vita operosa, di rigogliosi Comuni: è l’Italia forte e paziente, l’Italia rurale.
Oltre duemilasettecento famiglie coloniche, dell’Opera Combattenti, delle Università agrarie e dei privati, i cui capi, nella quasi totalità sono ex combattenti, abitano stabilmente questo territorio, da cui la febbre aveva cacciato l’umanità e si preparano a portarlo ad una potenza demografica ed agricola non facilmente superabile.
Ciò che sembra una fantasia della più accesa immaginazione è ora una realtà vivente ed operante.

[Vasco Patti]
da Il Mattino del 19 Dicembre, 1935

.. La terza città della Bonifica vive il suo primo giorno sotto una violente pioggia. Gli scrosci flagellano e le raffiche spazzano l’asfalto cilindrato, né manca, di tanto in tanto, una mitragliata di grandine..
Così inizia la cronaca dei numerosi quotidiani che, a livello nazionale, hanno riferito con dovizia di particolari e minuto per minuto, la cerimonia dell’inaugurazione di Pontinia, avvenuta il 18 Dicembre, 1935.
Il capo del Governo era “giunto per la via Appia dall’enorme zuccherificio di cui posò la prima pietra un anno fa: un’opera vitale per il riscatto dell’economia italiana, e che potrà dare da ottocento a novecento quintali di zucchero al giorno. Il Duce ha percorso la fabbrica in una folata, osservando senza nulla lasciarsi sfuggire, come di consueto,,, Ha dato danaro al capo-operaio, danaro da distribuire ai lavoratori, così, da uomo a uomo, senza parole.
Poi, semplicemente è andato ad inaugurare una città…
Stramani, Littoria e Sabaudia trasmigravano sui rettilinei fiancheggiati dai poderi dei vecchi soldati, bianche cantoniere del lavoro. Erano gruppi, famiglie dirette di buon passo a Pontinia. Littoria ha scrollato la notte dai suoi edifici, e s’è destata tanto più presto quasi anticipando la luce. I Giovani Fascisti, quelli che più contano, recavano badili e zappe sulle spalle come armi, e fiamme , e cartelli che prendevano a sberleffi le sanzioni, gl’immortali principi e i padreterno sedentari con i fulmini spenti nel pungo.
Passavano le generazioni sull’ampia strada, tra i campi arati e vaporanti, antichi alpini alti e schietti: quelli del battaglione Exilles, quelli del battaglione Fenestrelle, quelli del Generale Cantore. “Noi siamo alpinm noi siamo alpin”. Son vecchi pioppi d’argento, ormai, dai baffoni che cìè caduta anche la neve, “ma ne piase el vin”, oggi e sempre, e allora sapete, si va d’accordo con la terra.
Dietro, le donne brune, potenti, fedeli dall’amore inesauribile delle italiane campagnole,buone a dare tanti figli quanti se vanno alla guerra. E i ragazzi già imperterriti e pronti a tutto, i ragazzi che verranno dopo, da quei dell’Avanguardia ai Figli della Lupa, seri seri nei calzoncini sempre un po’ grandi, con le bretelle bianche incrociate e la M di metallo sul petto. Nei gruppi, un po’ dovunque, un po’ curvo, il Fante che non brontola più e che il cambio in trincea lo avrà, quando piaccia al buon Dio, dal ragazzetto che cresce come la pianta sincera. Quando piaccia al buon Dio, ma di qui a cento anni, e non prima.
…. Prima ancora che l’automobile raggiunga Pontinia, il clamore popolare, che si diffonde dal borgo che già si profila nel fondo della via, preannunzia con quale fervido entusiasmo, con quale viva ansia, la folla, adunata di vedere e di salutare il Duce.
Punto di convergenza stamane, delle popolazioni dei vari Comuni limitrofi, questo centro urbano di una collettività rurale, che è ancora in gran parte cantiere sonante di opere, aveva schierato sulla piazza maggiore l’esercito di operai, che hanno lavorato alla sua erezione e alla bonifica dei terreni circostanti, e di rurali della provincia di Littoria, neanche di quelli che dovranno fecondare col loro vomere i campi nuovamente redenti.
Sulla massa adunata, che di minuto in minuto si faceva sempre più compatta, ondeggiavano centinaia di bandiere, di labari, di gagliardetti, di vessilli, mentre tanto più alte ed intense quanto più si avvicinava l’ora d’arrivo del Duce, si propagavano da linea a linea le acclamazioni più vibranti e i canti della Rivoluzione.
Quando il lungo e veloce corteo delle automobili raggiunge l’abitato un urlo immenso fremente di entusiasmo prorompe dalla folla che fa da ala alla macchina del Duce sventolando cappelli e fazzoletti, mentre i canti della rivoluzione si elevano e si fondono in un corpo presente e virile. La macchina del capo del Governo riesce a stento ad aprirsi un varco fra la moltitudine e raggiungere il Palazzo Podestarile….

.. Quando il Duce è smontato dall’automobile sulla piazza “28 Ottobre” di Pontinia, tutta la gente dell’Agro s’accalcava sotto il palazzo del Comune. Un maremoto. Era nuvolo, s’è detto, ma in questo preciso momento una frustata di tramontana ha spinto la bruma versoi monti Lepini sbiancati di Neve. E’ apparso anche nello strappo un po’ di celeste, e Mussolina vi puntato gli occhi, prima di guardare la folla. In un angolo della piazza era un palco affollato dai gonfaloni di tutti i comini della provincia di Littoria; Sabaudia, Fondi, San Felice Circeo, Cisterna, Minturno. Ecco tuttavia un labaro armato che s’empiva di vento, dal leone rampante con la rosa nell’artiglio. Non era un lavora della provincia pontina, ma di Tortona. Tortona, prima colonia romana iscritta alla tribùà pontina, “Pro tribus donis similis terdona leonis”. La forza generosa. Tortona ha donato, per volere del Duce, la bandiera a Pontinia. Ecco, per la prima volta, il costume delle donne di Littoria,. Azzurro e nero, è il nuovo costume; stilizzato e leggiadro quanto sono superbi i costumi di Minturno e di Fondi, pesaanti d’ori e di broccati come prementi sacri, Le donne di Littoria portano fili di grano nelle trecce. E’ bello….

[Ernesto Grassi]
“Il duce inaugura Pontinia tra l’entusiasmo dei rurali”  dall Messaggero, 19 Dicembre 1935 – XIV

Dopo aver invocato per la nuova città il benessere, la prosperità e la pace, il prelato esalta l’unione incrollabile di tutti gli italiani al loro Duce: unione che oggi a un mese di distanza dalle criminali sanzioni, assurge a una manifestazione ancora più alta e consapevole.
coloro che si illujdono di poter piegare, comunque, il nostro popolo – soggiunge – si ingannano, o Duce! Essi compiono sforzi vani,, perché i tempi sono mutati. Oggi l’Italia è fascista, e il cuore di tutti gli italiani batte all’unisono col vostro, e tutta la Nazione è pronta a qualunque sacrificio per il trionfo della pace e della civiltà romana e cristiana” E il Vescovo, tra gli scroscianti applausi della folla, continua :”Iddio vi benedica o Duce! Vi sostenga nel giornaliero, titanico lavoro e vi conceda che, come voi oggi assistete a un’altra vittoria del lavoro, possiate anche assistere alla vittoria, che non può mancare, delle armi italiane” E conclude col “Saluto al Duce” cui risponde possente l’urlo della moltitudine che gremisce la piazza e nereggia nelle vie che in essa sboccano….

… Prende poi la parola il Presidente dell’Opera Nazionale Combattenti, on. Di Crollalanza:
Duce, in un’ora veramente decisiva per la grandezza della Patria, mentre tutti gi italiani, al di qua e di là dei confini, dal più alto al più modesto, sono un fascio granitico di concordia, di fede e di volontà; e la Nazione assediata dal più iniquo tentativo di sopraffazione internazionale, che la Storia ricordi, offre al mondo, nel XXXI giorno della prova, uno spettacolo superbo di virile resistenza e di serena certezza, ed alimenta con il suo slancio, con le sue risorse e con i suoi figli migliori, la vittoriosa crociata d’oltre mare, Pontinia, terza città da Voi fondata nell’Agro redento, inizia la sua vita.
Coincidenza più altamente significativa e profondamente simbolica non poteva essere riservata e al popolo delle camicie nere da Voi guidate nella gioiosa creazione delle nuove fortune della Patria, e che proiettate per tutte le strade del mondo, vessilifero di una nuova civiltà, ed a quanti, potenti o imbelli, vorrebbero fermarci nella ascesa della fatale espansione.
Oggi, infatti, mentre con l’inaugurazione di questa città completiamo l’attrezzatura civile dell’Agro Pontino, riconquistando più di due mila anni, realizzando quello che il sogno di imperatori, papi, che invano si cimentarono nella grande impresa; mentre con l’appoderamento di un’altra importante zona del territorio redento, bruciamo un’altra tappa decisiva della trasformazione fondiaria del vasto territorio bonificato. Avvicinandosi rapidamente alla mèta da Voi segnata; mentre ci accingiamo, nello stesso tempo, ad intraprendere, al di là di tale territorio, la trasformazione agraria di uina zona della campagna romana, nella quale sorgeranno secondo i vostri ordini, Aprilia e Pomezia, conquistiamo, se ne avessimo bisogno, un titolo in più per giustificare a noi stessi ed al mondo il nostro sacrosanto diritto a garantirci, con la sicurezza, un più vasto sbocco alla nostra espansione coloniale. Dopo aver riscattato palmo a palmo, con le opere di bonifica, i territori improduttivi della Penisola e delle Isole, allo scopo anche di soddisfare, nei limiti del possibile, alla crescenza demografica della Nazione, diamo oggi, con la redenzione dell’Agro Pontino, nel quale vive già una popolazione di oltre 60 mila abitanti, la più eloquente testimonianza dello sforzo gigantesco compiuto dal regime, sul territorio nazionale, per assicurare pane e lavoro al popolo italiano.
Dai monti Lepini ed Musoni al mare, dal Promontorio del Circeo alle ultime propaggini dei colli laziali, la immensa regione si presenta già profondamente trasformata.
Quella che erra, alle porte di Roma, una vergogna nazionale è diventata, nel giro di pochi anni, una superba realizzazione dell’Italia Fascista, indissolubilmente legata alla storia del progresso, e capace da sola di individuare la civiltà del tempo di Mussolini.
Nella titanica impresa, per quanto manchi ancora un preciso coordinamento di tutti dati, fra quote e contributi a carico dello Stato, degli Enti e dei privati, si può calcolare che si sia impegnata una spesa di oltre un miliardo e mezzo.
Per la realizzazione di essa hanno operato, agli ordini Vostri, con passione e con fede sicura, i Consorzi della Bonificazione Pontina e quello della Bonifica di Littoria, l’Opera Nazionale per i Combattenti, il Commissariato delle Migrazioni Interne, l’istituto Antimalarico Pontino e la Croce Rossa poi, la Milizia Nazionale Forestale, le Università Agrarie e, nei limiti delle loro possibilità, i singoli proprietari.
Dagli sforzi tenaci di questi Istituti, in nobile gara di emulazione fra di loro, dalla fatica fecondategli operai e dei coloni, dalla volontà precisa e chiaroveggente con cui Voi avete guidata l’impresa, è balzata fuori la realtà superba di oggi, della quale possiamo sintetizzare gli aspetti con le cifre più significative.
Sulla superficie territoriale dell’Agro, che si aggira sui 75 mila ettari, e dalla quale bisogna detrarre quella occupata dai laghi, dai corsi d’acqua, dalle strade, dalle città e dalle borgate, i Consorzi di bonifica hanno intesta una vastissima rete di collettori e di canali, che è valsa a prosciugare completamente quelle che furono le paludi pontine.
Su tale superficie risultano già appoderati circa 50 mila ettari, dei quali ben l’80% dall’opera Nazionale per i Combattenti, e costruite ben 2173 case coloniche dall’Opera e 600 dalle Università e privati, Dagli Enti interessati sono stati anche costruiti 550 chilometri di strade di bonifica 400 chilometri di strade poderali ed interpoderali.
Sul territorio dell’Opera Nazionale per i Combattenti, ammontante a 40 mila ettari, della bonifica si registrava una superficie seminattiva del 20% ed una popolazione agricola di una unità per chilometro quadrato, pari a una unità lavorativa per ogni 150 ettari; oggi su tale territorio si ha una superficie sei attiva del 83% con una popolazione agricola di 57 persone, corrispondente a 0,4 unità per ettaro, con un carico di bestiame bovino di 16.470 unità, che si può calcolare ripartito in ragione di 2 quintali per ettaro.
La produzione del frumento che nel 1932 fu di 27 mila quintali, nonostante le condizioni sfavorevoli locali dell’ultima annata, con una resa di quintali 12,1 per ettaro e con punte di 31 quintali per ettaro.
Non meno significativi sono i dati che si riferiscono alla lotta antimalarica, efficacemente condotta dalla Croce Rossa Italiana; mentre nel 1932, con una popolazione di poco più di 14 mila unità, si registravano 47 decessi, nel 1935, fino al 30 ottobre, con una popolazione presente di 62 mila persone, non si è verificato alcun caso di morte.
Questi dati, Duce, si dimostrano quanto brillanti siano stati i risultati fino ad oggi raggiunti, ci spronano a maggiormente operare per l’avvenire, per realizzare una dopo l’altra tutte le ulteriori tappe che ci dividono dalla mèta che Voi ci avete additata.
Con l’inaugurazione di Pontinia si inizia la seconda fase della bonificazione integrale, quella di completamento e di assestamento della trasformazione fondiaria e agraria del territorio. Essa comprende: l’appoderamento di alcune zone a sinistra dell’Appia e di altre superfici terminali, la costruzione quasi completa della rete dei canali di irrigazione, il perfezionamento della sistemazione dei terreni e della ulteriore loro correzione fisico-chimica; l’intensificazione delle alberature stradali, la costruzione di fasce frangivento, per la salvaguardia delle colture e per il rifornimento della legna per usi domestici e industriali ed una sempre maggiore perequazioni sui poderi del carico delle braccia e del bestiame. Si vuole, insomma, dopo la grande vittoria tecnica della redenzione dell’agro, conquistare anche nel segno del Littorio, la completa vittoria agricola, su una base di gestione economica che, avendo come fondamento l’autarchia poderale, assicuri, con la trasformazione della mezzadria in piccola proprietà, anche il completo raggiungimento di quella “più alta giustizia sociale per il popolo italiano” che Voi avete posto, nel discorso di bari, come cardine della politica del Regime verso le masse lavoratrici.
DUCE, con l’attuale cerimonia, con le realizzazioni che oggi abbiamo registrate, con le ulteriori mète che Voi ci avete fissate, l’Italia fascista testimonia al mondo la sua inesauribile vitalità, la tenacia dei suoi propositi, la arditezza delle sue battaglie, ed infine al volontà decisa di persistere, nonostante le condizioni internazionali, nella marcia che la condurrà a un sicuro primato, degno del suo passato, ma più ancora del suo certo e luminoso avvenire

La folla, ansiosa ora di ascoltare il Duce, eleva verso di lui più impetuoso il suo grido, e la grandiosa manifestazione non si placa se non quando egli fa cenno di parlare. Un religioso silenzio si diffonde su tutta l’adunata; e in questa tensione appassionata di tutti gli animi, le parole dl Duce risuonano nitide, ferme e possenti:

Camicie nere, camerati, contadini e operai! E un grido di gioia e di orgoglio che noi lanciamo nel cielo d’Italia. Inauguriamo Pontinia, terzo Comune dell’Agro redento. Il nuovo Comune si aggiunge agli altri 7500 della nazione. Nell’anno prossimo fonderemo Aprilia, nel successivo Pomezia e quando avremo inaugurato quest’ultimo Comune le guerra che noi abbiamo iniziato nell’Agro Pontino, e che abbiamo tenacemente condotto durante questi anni, potrà dirsi vittoriosamente compiuta.
Inauguriamo Pontinia oggi giorno della fede, giorno nel quale tutte le feconde madri d’Italia recano sull’Altare della Patria o attorno ai monumenti dei Caduti il loro anello nuziale, ma giorno anche di fede del popolo italiano nei suoi diritti, giorno di fede sicura e indettabile nei destini della Patria.
Da ciò che abbiamo nell’Agro Pontino si può misurare la forza della nostra volontà e la capacità organizzativa e creatrice della Rivoluzione delle Camicie nere. Durante questi quattordici anni del Regime abbiamo riscattato terre incolte in ogni parte d’Italia.
Voglio dirvi che noi non manderemo in terre lontane e barbare il fiore della nostra razza se non saremo sicuri che sarà protetto dal tricolore della Patria.
Voglio dire ancora che il popolo italiano, popolo poco conosciuto nel mondo, nel quale mondo circolano ancora i vecchi luoghi comuni di una falsa letteratura, il popolo italiano, che strappa alla terra con fatica assidua e quotidiana il suo nutrimento, questo popolo italiano è capace di resistere a un assedio lunghissimo, specialmente quando è sicuro nella sua chiara e tranquilla coscienza che la ragione è dalla parte sua, mentre il torto è dalla parte di quell’Europa che negli eventi attuali disonora se stessa. La guerra che noi abbiamo iniziato in terra d’Africa è una guerra di civiltà e di liberazione. E’ la guerra del popolo. Il popolo italiano la sente come cosa sua. E’ la guerra dei poveri, dei diseredati, dei proletari. Contro di noi si è infatti schierato il fronte della conservazione, dell’egoismo e dell’ipocrisia.
Noi abbiamo impegnato anche contro questo fronte la nostra dura battaglia. E la porteremo sino in fondo. Un popolo di quarantaquattro milioni non soltanto di abitanti, ma di anime, non si lasci impunemente iugulare e meno ancora mistificare.
Sicuro di questo unanime, profondo consenso di tutto il popolo italiano, uomini, donne, fanciulli, tutto il popolo vivo nella sua espressione storica ed eterna, sicuro di questo consenso, il Regime tirerà dritto. Non potrebbe e non vuole fare altrimenti.
E’ una prova nella quale siamo impegnati tutti, dal primo all’ultimo, ma è una prova che collauda la virilità del popolo italiano. E’ una prova, o camerati, dalla quale certissimamente usciremo vittoriosi.
Ci vorrà del tempo; ma quando si è impegnata una lotta, camerati, non è tanto il tempo che conta, ma la vittoria
…”

Nell’atmosfera ardente di entusiasmo e di passione suscitata dalle parole del Duce ha inizio il rito dell’offerta delle fedi nuziali e dell’oro raccolto nei 59 comuni della provincia di Littoria da Comitati delle Madri e delle Vedove dei Caduti. Ad iniziare le offerte è il Vescovo di Terracina che consegna al Duce, fra gli applausi della folla, la collana con la croce pettorale e l’anello episcopale. Succede a lui l’on. Crollalanza che, a nome dell’Opera Nazionale Combattenti, offre 116 grammi d’oro, rappresentati da 27 medaglie conferite all’Opera stessa per su benemerenze dalla spiga aurea di grano che fu conferita, quale premio del Duce, in occasione della Mostra romana del grano nell’anno 1926.

… Poi uno ad uno, chiamati da Federale di Pontinia, salgono sul podio,  recanti gli emblemi di guerre onorati di lauro e di nastri tricolori, le offerte di tutte le popolazioni pontinia, le donne venite da ogni paese e da ogni borgata dell’Agro e dalla provincia: donne che l’età, la fatica quotidiana, il dolore di una perdita irreparabile hanno consunto,ma che, sentendo oggi di compiere un gesto sacro , un gesto che i loro “morti” richiedono, hanno nel volto l’espressione luminosa di fierezza. Sono li, raccolte ai piedi del Duce, in attesa di poter salire da lui per consegnarli quanto hanno di più caro; e su queste figure di donne, il cui viso è incorniciato da scialli neri, che hanno negli occhi tanta dolcezza e tanta umiltà, si rispecchiano tutte le virtù e tutta la forza morale della nostra stirpe.

[Ermanno Contini]
“L’inaugurazione di Pontinia nel giorno della fede” su il Mattino, 19 Dicembre, 1935 XIV

Per ciascun Comune della Bonifica, Mussolina accoglieva un elmetto ricolmo d’oro. Le donne passavano, giovani e alte contadine, o vecchie piccole curve ossute, esili fasci di rami secchi. Tante portavano medaglie e medaglie. Croci di guerra, croci di smalto bianco della Terza Armata.
Mussolini sorrideva, respirando a pieno petto tra le madri del popolo. Una volta ha condotto una vecchia fin sull’orlo del palco, come un figlio, e ha detto alla folla: – la medaglia del figlio, comandante di un plotone di arditi. Avanti, avanti in corteo, meste o ridenti, stordite o pensose, avanti, donne di Cisterna donne di Sabaudia, di Minturno, del Crceo. Una s’è tolti gli orecchini d0oro e li ha porti al Duce; abbiamo visto calare negli elmetti collane d’oro pesanti come un giog, da donne della terra. Il Duce sorrideva e di tanto in tanto s’avanzava verso il popolo, tuffando la mano nell’ro e lasciando scorrere tra le dita i sottili rivoli gialli. Avanti tutte, donne di Gaeta (ecco la collana del Vescovo di Gaeta), donne di Monte San Biagio, donne di Fondi… Eccone una che una vivente reliquia. Mussolini la porta avanti. Grida. “tre figli morti in guerra!” E la bacia sui solchi delle lagrime. La folla non acclama, Tace. E un sussulto elettrico che la scuote…..

[Ernesto Grassi]
da “Il Mattino” del 19 dicembre 1935

L’atto suscita commozione della moltitudine: come trascinati da un impeto di passione, interrompendo il ritmo composto della sfilata, uomini e donne, facendosi a forza largo fra la folla, si spingono intorno al podio tenendo con demanio alzate altre offerte: sono così numerose che, quando l’offerta delle Madri e delle Vedove è terminata, il Duce, rispondendo all’invocazione degli offerenti, si china sul ciglio del podio e raccoglie nuovi doni. Centinai di mani solevano in lato catenine, braccialetti, spille, fermagli, orologi, perché il Duce possa accogliere il loro dono alla patria e accompagnando l’offerta con le espressioni più commosse di amore di devozione. Spettacolo meraviglioso che dà la più perfetta misura di quello che è il cuore della nostra gente, il suo patriottismo, al sua fede nel Duce e nell’Italia.
Quanto oro è stato raccolto, in questo slancio fervido e improvviso che ha sollevato e confuso in un solo palpito di fede e d’amore, migliaia di persone? Secondo le cifre ufficiali comunicate dal Federale di Pontinia sono 93 chili di oro e 250 d’argento: il risultato reale deve essere assai superiore a giudicare dall’impotenza della generosa gara che si è improvvisata con tanto fervore ed entusiasmo…

Compiuto il rito il Duce inizia la premiazione dei coloni che meglio hanno meritato nelle opere di bonifica. Duemila sono i premi da distribuire, dei quali seicento consegnati personalmente dal Duce. I rudi e forti agricoltori, tutti ex combattenti e non pochi decorati al valore sfilano man mano davanti al Duce, che loro rimette il premio in denaro da essi conseguito, tra incessanti manifestazioni di simpatia della popolazione verso questi benemeriti della bonifica pontina …

Compiuta la premiazione, il capo del governo discende dal podio fra le acclamazioni della folla che si stringe attorno con devoto amore in un solo grido di passione e di fede, e rientra nel palazzo podestarile. Quivi i numerosissimi giornalisti stranieri che dalle finestre dell’edificio avevano seguito le fasi del rito rimanendone commossi e ammirati improvvisano al Duce una fervida dimostrazione. Molti di essi giunti da poco a Roma, esprimono il desiderio di essergli presentati: il Duce, accogliendo il loro voto, li riceve nell’Aula consigliare rivolgendo loro parole di cordiale saluto. Prima che si allontani, alcuni tra essi, avanzandosi lo pregano di voler accogliere anche la loro offerta e così dicendo porgono i loro anelli nuziali e altri oggetti d’oro. Il Duce li ringrazia di questo spontaneo atto di simpatia verso l’Italia e, ossequiato dai presenti, lascia l’aula ed esce dal palazzo.
Salutato da una nuova vibratissima manifestazione popolare, il Duce risale in automobile e seguito dal corteo della altre macchine recanti le autorità intervenute, si allontana da Pontinia per raggiungere un podere lungo la strada della Botte, dove deve aver luogo la cerimonia della semina e della piantagione di alberi da frutto.
Il tempo per tutta la mattinata si era tenuto minaccioso, diventa sempre più cupo e, mentre le automobili procedono a forte andatura per le vie interpoderali, una pioggia torrenziale, accompagnata da forti raffiche di vento, si riversa sui campi.
Ma l’inclemenza del tempo non dirada la folla, che da ogni punto della zona adiacente, è accorsa sulle strade attraversate per salutare il passaggio del Duce. Ai crocicchi, davanti alle sedi dei Fasci, sul limitare dei poderi, alle prode dei canali, d’innanzi alle soglie delle case coloniche forti gruppo di contadini si ammassano e il loro grido di evviva echeggia continuamente.
Giunto al podere designato (n. 1518), sul cui terreno è raccolta tutta la famiglia colonica e quella delle case vicine, il Duce si inoltra a piedi, sotto la pioggia, sul campo e, nella breve fossa scavata, pianta il giovine alberello, promessa e augurio di nuove colture per l’Agro Pontino. Quindi, passato all’altro lato del campo e tolta dalle mani del colono la cesta per le semine, col largo e sicuro gesto del buon seminatore, sparge nei solchi il seme, avanzando, per buon tratto, lungo il fronte del podere. Le famiglie coloniche gli si stringono intorno e, mentre una fanciulla gli porge da un colmo  paniere io prodotti più belli del frutteto, le donne, con gesto che ha del religioso, si tolgono dal dito i loro anelli nuziali, dal collo le loro catenine e le offrono pregandolo che le accetti come un loro voto d’amore per la Patria.

[Ermanno Contini]

Il capo del governo risale quindi in macchina e si reca ad inaugurare la borgata S. Donato costruita per conto dell’università Agraria di Bassiano.
Si conclude così, la “giornata della Fede”, la cerimonia dell’inaugurazione della terza città dell’agro, Pontinia.

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